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Follis a Fiumicino: ristorante di mare, gourmet e mixology sul litorale romano

Follis a Fiumicino. Un progetto decisamente ambizioso, ma ben studiato. È Follis, il nuovo locale aperto il 4 febbraio 2023 su via della Torre Clementina a Fiumicino, località che negli ultimi anni è diventata una vera e propria oasi gastronomica. La posizione di certo aiuta, siamo sul porto, che con un po’ di sole subito si affolla di persone. E ci sono anche dei vicini di casa di livello: c’è la pizza al taglio di Sancho e quella tonda di Clementina, e per il pesce c’è l’Osteria dell’Orologio, tanto per fare qualche nome. Follis si inserisce quindi in una via che non manca di indirizzi, ma forse propone qualcosa di nuovo per la zona. Di certo, l’impatto da fuori è notevole, con l’insegna in bella vista e quattro grandi vetrate che invogliano a entrare. Negli spazi che un tempo erano occupati da una banca, invece, adesso ha preso casa questo bel locale di 600 metri quadri (curato da Franco Costa, titolare della Costa Group) che a primo impatto potrebbe sembrare un po’ da fighetti, in realtà l’atmosfera è molto più rilassata di quanto si possa pensare e la proposta piuttosto varia, per tutti.

 

Il gruppo

“Il fatto che sia un locale curato non vuol dire che sia ingessato” racconta subito Francesco Matteucci, uno dei soci insieme a Mattia Molica e Marco Tosti. Francesco e Marco sono nell’ambiente da tempo e arrivano dall’ultima esperienza da Con.tro Contemporary Bistrot, da cui si sono portati anche lo chef Daniel Celso, che a sua volta gestisce una brigata di 12 cuochi, tutti under 30. Mattia invece è il maître dell’Antico Arco al Gianicolo. Un gruppo affiatato, lo si vede dall’accoglienza del restaurant manager, Mauro Di Vilio, e dal racconto del progetto. Ma perché a Fiumicino? “Io ci vivo – spiega Francesco – ma soprattutto volevamo portare qualcosa che qui mancava, trovare una formula che rispecchiasse le nostre esperienze, il nostro vissuto e unisse tutto quello che siamo”.

 

Le due sale

Nasce quindi uno spazio che i soci definiscono dalla doppia anima: Follis, infatti, è il nome latino di una moneta romana che in qualche modo rappresenta le due facce del ristorante. La prima grande sala, con al centro il bancone da cocktail bar, è la parte definita “living”, con un’offerta di pesce semplice e tradizionale; proseguendo si supera la cantina a vista, proprio al centro dell’edificio e che fa da spartiacque, e si viene accolti nella parte “slowly”, pochi tavoli e una proposta più ricercata. Ma Follis, dicono, è soprattutto la scintilla (che si ritrova nel logo del locale) che ha dato il via al progetto. Sebbene aperto da poco, il gruppo sembra ben affiatato: “C’è tanta complicità, dialogo e collaborazione”, mi spiega il restaurant manager, Mauro Di Vilio. “Siamo 36 persone ma ogni scelta viene condivisa, piatti e cocktail provati da tutti: puntiamo tutti nella stessa direzione, e cioè fare bene”.

 

Follis living

Follis, ho anticipato, si divide in due spazi. “Nel living c’è il nostro tocco più informale. Arriva la famiglia chiassosa per il pranzo della domenica o qualcuno che cerca una pausa più veloce” spiega ancora Francesco Matteucci. “Qui vengono serviti gli spaghetti alle vongole (15 euro, ndr) e il pescato del giorno”, precisa poi lo chef Daniel Celso. “Non vogliamo discostarci dalla tradizione, i sapori sono quelli. Ci sono presentazioni, preparazioni o metodi di cottura diversi, certo, ma solo per migliorare il risultato”. Non troviamo quindi il polpo bollito, piuttosto sottovuoto e cotto a bassa temperatura e poi servito su una crema di carote e bieta (18 euro). C’è spazio anche a piatti golosi come le crocchette di arzilla e broccoli, da affogare nella salda aiolì (13), le alicette fritte con gel di limone (13) o crudi e ostriche. Piatti che si prestano anche al momento dell’aperitivo, rigorosamente al bancone. Una bolla, un cocktail e qualche assaggio per iniziare che poi potrebbe invogliare a fermarsi per la cena.

 

Follis slowly

Nella zona più nascosta di Follis c’è la parte “slowly”. Meno posti (qui in tutto sono circa 25), un ambiente più riservato (grazie a speciali lampade, la luce arriva direttamente sulla tavola e non sugli ospiti), tavoli e sculture realizzati con materiali di recupero, qualche divanetto con cuscini che rendono l’atmosfera elegante e al tempo stesso rilassata. “Ci piacerebbe che il cliente si prendesse del tempo per vivere l’esperienza, senza fretta”. In questo contesto lo chef Daniel Celso non si pone limiti. “Se nell’altra sala non ci discostiamo troppo dalla tradizione, qui posso sperimentare” mi racconta. “Alla base di tutto ci sono le mie origini: Sicilia, Sardegna, Umbria, Marche, sapori forti che cerco di far coesistere”.

 

Non solo pesce, che viene acquistato alle aste locali, ma carne, terra (in menu troviamo anche le lumache), vegetali. “Scelgo ingredienti prettamente locali – prosegue lo chef – che arrivano da piccoli produttori, mi piace lavorare con le persone e scoprire ciò che di buono hanno da offrire per realizzare i miei piatti”. La carta dello “slowly” propone due menu brevi di quattro portare (antipasto, primo, secondo e dolce) uno di mare, Maris, e uno di terra, Terrae, a 70 euro, e una degustazione più completa di sette portate (100 euro) chiamata Confido. “In questo percorso i clienti si affidano alla cucina, i piatti nascono sulla base delle materie prime che riusciamo a reperire ogni giorno e quindi cambiano regolarmente. Mi piacerebbe che questa diventasse la normalità, in modo da seguire sempre la stagionalità, anche di quei prodotti che durano solo un mese, e ridurre così gli scarti al minimo, cosa che già facciamo”. Tra i piatti, infatti, non è raro che compaia il quinto quarto, sia di carne che di pesce. E le radici dello chef si sentono forti e chiare, come nel taco di pane carasau con agnello, erbe selvatiche, alici di Sciacca e caciocavallo ragusano.

 

Cocktail e cantina

Ad aprire la cena nella parte slowly c’è l’Exordium, il collegamento tra cucina e mixology, ovvero un benvenuto dello chef in accompagnamento a un drink studiato dalla bar manager Samantha Parente, che dal suo bancone all’ingresso gestisce una squadra di quattro persone e ha ideato una drink list ispirata all’amore (“mi ero innamorata da poco e in quindici minuti, seduta a un tavolo in terrazza, ho buttato giù tutta l’idea”, mi racconta un po’ emozionata). Sono 12 cocktail di cui due analcolici che raccontano le cinque fasi dell’amore, sia dal punto di vista emotivo che fisico: Chimica – Desiderio – Passione – Seduzione – Orgasmo. Molto interessante il twist sul Bloody Mary che è stato chiamato Zziti e buoni (13 euro), base gin, estratto di datterino giallo, colatura di alici e al posto della cannuccia uno zito.

 

E poi c’è la cantina, che conta quasi 600 etichette, e come il bar fa da collante tra living e slowly. Si spazia in tutta l’Italia, c’è una corposa selezione dedicata alla Francia e qualche chicca internazionale, contando anche naturali e biodinamici. A occuparsene è una giovane ma affermata figura del vino, Alessio Carati, già sommelier dell’Antico Arco.

 

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